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Azione ergogenica della caffeina sulla performance sportiva

La caffeina (1, 3, 7¬trimetilxantina) è una purina presente naturalmente nei semi di caffè (Coffea arabica e Coffea canephora o “robusta”), di cacao (Teobroma cacao), di kola (Gola acuminata) e di guaranà (Pallinia cubana), oltre che nelle foglie di (Theasinensis) e di matè (llex paraguariensis).
L’attività del caffe è dovuta essenzialmente alla componente xantinica della caffeina che esercita i suoi effetti inibendo la fosfodiesterasi, promuovendo l’accumulo intracellulare di AMP ciclico e aumentando la permeabilità degli ioni calcio a livello del reticolo sarcoplasmatico. Le dosi di caffeina presenti in un caffè variano a seconda della qualità : la qualità robusta, più scadente, arriva a contenere il triplo di caffeina rispetto alla  più pregiata qualità arabica. La preparazione è un indicatore su quanta caffeina troviamo nella tazzina. Per cui si va da una tazza di caffè che contiene da 50 a 120 mg di caffeina , ai 120 mg di un caffè erogato da una macchinetta automatica sino ai 5 mg contenuti in un caffè decaffeinato.
Fisiologicamente e farmacologicamente la caffeina non si limita solo a stimolare il sistema nervoso centrale dove, com’è noto, migliora l’attenzione e la capacità di essere vigili, ma riduce la sensazione soggettiva della fatica e, quindi, concorre al miglioramento dell’efficienza fisica e mentale.
Gli studi scientifici sulla prestazione sportiva hanno dimostrato che mediamente l’integrazione di caffeina svolge un ruolo ergogenico significativo già a basso dosaggio; anche solo l’assunzione di 5mg/kg di caffeina corporeo (350 mg di caffeina per un uomo di 70 kg, equivalenti a circa 3 tazze di espresso) è in grado di favorire lo svolgimento dell’esercizio.
L’azione ergogenica della caffeina dipende da molti fattori (caratteristiche morfologiche del soggetto, consumi abituali della caffeina/assuefazione,composizione della dieta, ecc.) ed è spiegata anche in virtù della sua capacità di favorire la liberazione di acidi grassi liberi dagli adipociti (lipolisi) e, conseguentemente, di aumentare la produzione di glucosio e di risparmiare il glicogeno muscolare, anche in virtù di un possibile “blocco” dei recettori dell’adenosina delle cellule adipose (effetto lipolitico) e nervose (effetto stimolante).
La contemporanea assunzione di proteine o caffeina può maggiormente accelerare questa sintesi. Inoltre proteine e aminoacidi assunti dopo l’esercizio garantiscono la stimolazione della sintesi proteica muscolare, utile a riparare i danni muscolari e premettere la ricostruzione del muscolo scheletrico.

Pedersen e collaboratori in un recente lavoro  sottolineano che, in soggetti allenati, quando le riserve di glicogeno muscolare sono esaurite per effetto di un carico di lavoro intenso, l’assunzione combinata di caffeina (8 mg/kg p.c.) e carboidrati (1 g /Kg p.c) è in grado di migliorare la risintesi del glicogeno muscolare rispetto a quanto avviene con i soli carboidrati. Di conseguenza si potrebbe ipotizzare che la caffeina è efficace sulla sintesi del glicogeno muscolare solo se associata ai carboidrati. Questi effetti sembrano manifestarsi sia in gare che durano fino a 60 secondi sia in quelle più lunghe (fino a due ore). La somministrazione, 60 minuti prima dell’attività fisica, di 3-9 mg di caffeina per kg di peso corporeo (200-350 mg) sarebbe in grado di favorire le prestazioni atletiche aerobiche attraverso un aumento della disponibilità dei lipidi, un minore ricorso al metabolismo glucidico e l’attivazione del sistema nervoso centrale.
In un altro studio,in seguito ad assunzione di caffeina, si è dimostrato  un aumento del 60% circa della percentuale di sintesi del glicogeno muscolare nelle 4 ore di recupero dopo l’allenamento facendo assumere 2 mg/Kg/h di caffeina con 1,0 g/Kg/h di carboidrati (Taylor).  Dato che la caffeina in associazione può accelerare la sintesi del glicogeno muscolare con un meccanismo diverso da quello delle proteine in associazione, gli studi futuri dovrebbero focalizzarsi sugli effetti additivi di CAFFEINA + PROTEINE + CARBOIDRATI post-workout.
Rimane aperto il dibattito sul meccanismo d’azione della contemporanea assunzione di caffeina. Assunta in condizioni di riposo, la caffeina ha dimostrato di ridurre la disponibilità di glucosio mediato dall’insulina, disponibilità che potrebbe essere mediata sia dalla stimolazione β-adrenergica, sia dall’antagonismo per adenosina-receptor. Comunque è stato dimostrato che l’allenamento riduce gli effetti dannosi della caffeina sull’azione insulinica nel muscolo. Inoltre, assumere anche caffeina durante l’allenamento sembra aumentare l’assorbimento intestinale dei carboidrati.
Dal punto di vista ormonale la caffeina promuove il rilascio di adrenalina, noto ormone brucia-grassi e incrementa i livelli di una sostanza (l’AMP-ciclico), attivatore, a sua volta, di enzimi brucia-grasso come le lipasi (Katch e Mc Ardle, Fisiologia applicata allo sport). Il migliore utilizzo di grassi durante l’attività sportiva produce un risvolto positivo: si risparmia il glicogeno, la cui riserva è molto limitata e strettamente legata alla resa della prestazione aerobica.
Fra gli altri effetti esplicati dalla caffeina c’è la diminuzione della produzione di acido lattico, sostanza responsabile della fatica e del “bruciore” del muscolo sotto sforzo. Almeno, così conclude lo studio condotto su dei ciclisti abituati ad assumere pochissima caffeina ogni giorno (25 mg) e trattati con caffeina (10 mg/kg di peso) prima di una prova dal Dr Mc Naughton del Center of Physical Education del Tasmanian Institute of Technology in Australia. Tra l’altro, l’acido lattico è un fattore limitante la combustione dei grassi, dato che li riesterifica a trigliceridi una volta fuori dall’adipocita.
Fino al 2003 la caffeina figurava tra le “sostanze soggette a limitazione d’uso” all’interno dell’elenco delle sostanze dopanti del Comitato Olimpico Internazionale (CIO) e dell’agenzia Mondiale Anti Doping (WADA, World Anti Doping Agency). Qui la caffeina era classificata tra le sostanze stimolanti e se ne stabiliva il limite massimo tollerato per millimetro d’urina in 12 microgrammi. Un limite davvero difficile da raggiungere salvo che non si assumano quantitativi elevati di caffeina (superiori a 7mg/kg peso corporeo), improbabili se riferiti ad un consumo normale di caffè, il cui ci suggerimento giornaliero è di 300 mg (dalle 3 alle 5 tazzine di caffè espresso a secondo che si tratti di qualità robusta o arabica). Dal 2004 la caffeina non è più presente nella lista WADA delle sostanze del doping, “con la giustificazione che è impossibile determinare se all’origine di una data concentrazione di caffeina nelle urine vi sia un consumo di alimenti e bevande che la contengono o se essa sia, invece, il risultato di una sua assunzione volutamente diretta al miglioramento della prestazione.
La dose di assunzione degli integratori a base di caffeina o che contengono caffeina, è assolutamente subordinata alla suscettibilità individuale. Gli effetti collaterali di iperattivazzione adrenergica imputabili all’abuso di caffeina sono comunque diversi ed alquanto fastidiosi (eccitazione smodata, emicrania, insonnia, tremori, irritabilità, diarrea, disidratazione ecc.), soprattutto se valutati in un contesto potenzialmente ansiogeno come quello della competizione sportiva.

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